Profumi: origini e produzione

Le origini
Il termine “profumo” proviene dal latino “per fumum”, che significa letteralmente “attraverso il fumo”. L’origine etimologica, quindi, va ricercata nell’utilizzo di alcuni oli e aromi essenziali, come l’incenso, che venivano bruciati in offerta a dei e antenati.

Già nel 2700 a.c. gli antichi egizi scoprirono inebrianti fragranze e l’arte della loro produzione.
Svilupparono la tecnica della macerazione a freddo o “enfleurage” per l’estrazione degli aromi dalle piante.
La tecnica consisteva nel ricavare il profumo mettendo i fiori fra strati di grasso animale purificato per estrarre in seguito l’olio essenziale tramite la pressione a freddo.

L’utilizzo del profumo aveva sia finalità religiose, che di seduzione.

I sacerdoti di Eliopoli offrivano resine profumate al dio Sole all’alba e incensi a mezzogiorno; mentre al crepuscolo, quando il sole stava tramontando, veniva offerto un particolare melange di sei profumi chiamato kuphi. Il profumo era considerato un tramite fra gli umani e gli dei.

Si comprende come una delle più antiche parole per indicare il profumo era “fragranza degli dei”.

Emblematico il rituale dell’imbalsamazione: alla morte del Faraone, il suo corpo veniva privato delle viscere, pulito con olio di pino, riempito di essenze come mirra, cassia e cedro ed infine avvolto in bende impregnate di oli aromatici. Con la diffusione del lusso e della raffinatezza anche nella vita privata, si iniziò ad impiegare le sostanze odorose anche nell’igiene quotidiana.

Le donne mettevano fra i capelli unguenti profumati per adornarsi.
La regina Cleopatra esaltava il proprio fascino e la propria bellezza con unguenti e oli profumati. Viene narrato che accolse Marco Antonio, al loro primo incontro d’amore, in una stanza cosparsa di petali di rosa dove bruciavano incensi ed erbe aromatiche.

Il profumo più utilizzato dai faraoni e dalle loro consorti è il Kyphi, un composto formato anche da più di cinquanta essenze.
Plutarco scrisse che il Kyphi aveva il potere di «favorire il sonno, aiutare a fare dei bei sogni, rilassare, spazzare via le preoccupazioni quotidiane, dare un senso di pace».

Tra i numerosi ingredienti utilizzati in questa antica fragranza, erano presenti il pistacchio, la menta, la cannella, il ginepro, l’incenso e la mirra. L’incenso (Boswellia sacra) e la mirra (che si ricava dalla Commiphora burseraceae) erano le due resine più note nell’antichità.

Accanto al valore religioso e sociale, i profumi nell’antico Egitto assunsero anche un rilievo diplomatico: le essenze profumate erano molto preziose e i faraoni ne facevano dono ai sovrani alleati.

Quando i profumi entrarono nell’uso quotidiano anche di nobili, funzionari e cortigiani, anche gli schiavi ebrei vennero a conoscenza di alcune formule, dedicandosi, una volta liberi, alla produzione e al commercio di questi prodotti aromatici.
Tuttavia, presso il popolo ebraico l’utilizzo delle essenze profumate era già diffuso. Anzi, nella mistica ebraica l’odorato è descritto come l’unico senso che dà piacere all’anima, mentre tutti gli altri sensi danno il piacere al corpo: quindi il profumo avvicina a Dio, ma è anche segno di onore e di riconoscenza.

Nacque allora una vera e propria industria dei profumi, senza dubbio favorita dalla spedizione navale della regina Hatsepsuth nel mitico “Paese di Punt” dove crescevano mirra, incenso e opoponax.

Da allora ci sono stati innumerevoli cambiamenti in Egitto. Ma in larga misura l’Egitto, più di ogni altro paese, produce fragranze essenziali apprezzate ed esportate in tutto il mondo.

Uno specialista è Ahmad Fakhry, la cui piantagione di gelsomino a nord del Cairo caratterizza i gloriosi giardini che sono la fonte di questo “profumo degli dei”.

Nell’antica Grecia, mito e culto della bellezza trovarono nel profumo una perfetta sintesi. Gli “euodia”, ovvero gli odori buoni – strumento di ricerca del divino – raggiunsero il loro apogeo nella raffinatissima Atene di Pericle. Qualche esempio: il “susinon” a base di giglio o il “kipros” a base di menta e bergamotto.

E nonostante il veto di alcuni personaggi illustri, come Socrate, l’importanza attribuita al profumo è confermata dal famoso “Trattato degli odori ” di Teofrasto, testo base della profumeria antica. Dopo l’iniziale diffidenza dei Romani nei confronti delle “mollezze” orientali, con l’età imperiale il profumo trionfò in tutte le sue forme anche a Roma. Come racconta Petronio nel Satyricon , i banchetti divennero vere e proprie ” orge olfattive” : durante i convivii nella Domus Aurea di Nerone, per esempio, da un soffitto d’avorio traforato cadevano sugli ospiti petali di rosa impregnati di essenze preziose.

Con la decadenza dell’impero e la nuova morale imposta dal cristianesimo però, l’arte del profumo cadde rapidamente nell’oblio.

Le funzioni “fisiche e metafisiche” del profumo

Il profumo è molto di più di una sostanza materiale inanimata. E’ una specie di “tramite” o di vettore, che permette di compiere sette grandi funzioni:

  • La funzione sacra.
  • Mette in rapporto con gli dei, con lo spirituale.
    E’ il profumo dell’Eden come scrive Maometto “Dove gli uomini gioiscono di una vita piena di piacere, dove fanciulle li accolgono agitando sciarpe profumate”. Il profumo dei riti sacri, il profumo delle imbalsamazioni, delle offerte, ecc.

  • La funzione eleganza.
  • Il profumo eleva, è aristocratico, ma è anche segno di benessere. Profumo bijoux, profumo scrigno, profumo che permette di affermare la differenza.

  • La funzione seduzione.
  • Il profumo è ritenuto il più forte artefice di seduzione, come l’Eau de Hongrie che permise alla regina di Ungheria, a 70 anni, di sedurre il re di Polonia, secondo quanto racconta la storia.

  • La funzione piacere.
  • Il profumo dona estasi, piacere. Il profumo , come dice Honais in Madame Bovary ” sorprende l’intelletto e provoca estasi”.

  • La funzione vitalità.
  • Il profumo dà forza, è l’unguento profumato che dava vigore e fiducia agli atleti greci dell’antichità. Profumo purificatore che si bruciava durante la peste. Profumo che protegge dagli altri.

  • La funzione identità.
  • Il profumo dà a chi lo indossa un’identità, un carattere, un secondo nome di battesimo. La scia del profumo evoca in voi la presenza di una persona anche quando essa non c’è.

  • La funzione evasione.
  • Il profumo ricorda luoghi distanti, momenti passati, contrade lontane, permette di fuggire.

    La sacralità del profumo

    Il ruolo sacro dei profumi è definito nelle Sacre Scritture, in particolare nel Libro dell’Esodo.

    Dio aveva ordinato di costruire un altare sul quale offrirgli profumi. «Il Signore dice a Mosè: “Procurati balsami: storace, onice, galbano come balsami e incenso puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere. Ne ridurrai una parte in minutissima polvere, e ne porrai davanti alla Testimonianza nella tenda di convegno, dove io m’incontrerò con te. Cosa santissima sarà da voi ritenuta.» (Es. 30, 34-36).

    Nel Tempio di Gerusalemme l’offerta dei profumi aveva un ruolo predominante.
    Allo Yom Kippùr (la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell’espiazione), il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi (il luogo dove si trova la Torah, il rotolo della Legge) con il turibolo dei profumi da bruciare, i timiati, composti da una mistura a base d’incenso.

    Presso gli Ebrei il profumo è utilizzato sotto forma di preparati unguentarii (detti puk), di oli profumati, di polveri e di sacchetti di erbe aromatiche portati addosso o messi fra i vestiti.

    Un’altra testimonianza la troviamo nel Vangelo: «Poiché era nato Gesù a Betlemme di Giudea, ai tempi del re Erode, ecco che dei Magi venuti dall’Oriente arrivarono a Gerusalemme. Entrando nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre, e, prostrati, lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt. 2, 11).
    Tre dunque sono i doni che gli astrologi babilonesi offrirono al Cristo: l’oro che si dona ai re, l’incenso un omaggio a Dio, la mirra – aroma funerario – un riferimento alle sue qualità umane.

    L’arte profumiera

    In Oriente il commercio di aromi e spezie conobbe un grande sviluppo. La scoperta dell’arte della distillazione dà un enorme impulso al mercato dei profumi. Gli Arabi non sono gli inventori di questa tecnica ma l’hanno raffinata e diffusa.
    Nel X secolo, il celebre medico arabo Avicenna scoprì come distillare l’Acqua di rose dai petali della rosa centifolia. Non solo, nelle sue opere citò spesso nuove lozioni aromatiche e oli profumati.
    Tuttavia non si trattava ancora di soluzioni alcoliche, in quanto l’alcol era proibito dal Corano.

    Fu l’Istituto Superiore delle Scienze di Salerno, intorno all’anno Mille, a sostituire l’olio con l’alcol come eccipiente del profumo.
    I Greci distillavano utilizzando l’àmbix (il vaso o la coppa forniti di un piccolo canale), gli arabi aggiunsero l’articolo e lo strumento divenne al-ambicco (al-ibniq).

    I monaci benedettini al seguito delle armate cristiane in Terra Santa, carpirono dai manoscritti arabi i segreti della distillazione. I testi trafugati furono tradotti in latino presso le scuole di Salerno e Santiago di Compostela e da queste scuole uscirono i primi mastri distillatori (di essenze, ma anche di bevande). Grazie alle Crociate si importano dall’Oriente anche aromi ed essenze nuove.

    Il primo profumo moderno in soluzione alcolica fu preparato in Ungheria nel 1370 da un monaco esperto di chimica. Il profumo, noto come Eau de Hongrie (“Acqua Ungherese”), era un estratto di rosmarino, timo e lavanda.

    Nel Rinascimento l’arte della profumeria si sviluppò ulteriormente: la chimica sostituì definitivamente l’alchimia migliorando la distillazione e la qualità delle essenze.

    I grandi profumieri del Rinascimento erano spagnoli e italiani. I primi avevano ereditato la loro scienza dagli arabi, i secondi avevano approfittato della ricchezza della penisola e del gusto dell’aristocrazia per i profumi per arricchirsi attraverso il commercio delle essenze e per esportare all’estero la tecnica dei profumieri.

    Quando Caterina de’ Medici giunse in Francia per sposare il Duca d’Orléans, il futuro re Enrico II, portò con se dall’Italia il suo profumiere Renato Bianco (poi francesizzato in René Le Florentin). Egli aprì una bottega a Parigi diventando famosissimo tra l’aristocrazia parigina.

    Anche la pratica di non lavarsi (l’acqua era ritenuta un veicolo di contagio per le malattie), amplificò l’uso dei profumi. L’apparenza inizia a giocare un ruolo più importante della pulizia. Le essenze profumate prendono il posto dell’igiene personale per vincere i cattivi odori e nascondere la sporcizia.
    Molto in voga, in questo periodo, anche la profumeria secca per usi diversi: polveri per sacchetti da mettere sotto le gonne, per il viso, per la parrucca, commercializzata alla rinfusa in grandi scatole dai decori raffinati.

    Nel 1600 nasce l’Acqua di Colonia. Secondo alcuni, suo “inventore” fu Gian Paolo Feminis, originario di Santa Maria Maggiore, cittadina della Val Vigezzo (nell’attuale provincia del Verbano Cusio Ossola). Originariamente venditore ambulante, Feminis inventa e produce una sostanza che, a suo dire, guarisce tutti i mali. Si chiama Aqua Mirabilis.
    Trasferitosi a Colonia, in Germania, questo liquido diventa Acqua di Colonia.

    Secondo altri, a “inventare” questa essenza fu un altro italiano, Giovanni Maria Farina, anche lui della Val Vigezzo. La formula messa a punto dal Farina comprende una trentina di essenze, tra cui limone, cedro, arancia, pompelmo, lavanda, timo e rosmarino.

    Una vera rivoluzione nel campo della pulizia personale avvenne verso la fine dell’Ottocento quando Louis Pasteur (1822-1895), padre della microbiologia, scoprì l’esistenza dei batteri. Ne derivò una forte spinta all’igiene personale e venne meno l’esigenza di ricorrere a fragranze grevi. Si passò quindi dalla necessità di occultare i cattivi odori al desiderio di profumi più dolci e meno aggressivi.

    La Rivoluzione Francese arrecherà un colpo terribile alla profumeria. Nonostante la creazione di fragranze dai nomi evocativi, come “Profumo alla ghigliottina” e “Alla Nazione”, le essenze profumate sono sinonimo di aristocrazia.

    Nel 1778 nasce a Milano la Casa di Profumo, Saponi e articoli per toletta Angelo Migone & C., che produce beni profumati e per la cura della persona. Cesserà di esistere solo negli anni Cinquanta del XX secolo, vittima di una politica aziendale troppo ancorata a vecchie produzioni.

    Nel XIX secolo l’abolizione degli editti corporativi e la liberalizzazione del commercio permettono di segnare una tappa decisiva nella produzione del profumo. In questo periodo entra in scena il famoso marchio Guerlain. Nel 1828 Pierre Francois Pascal Guerlain apre la sua prima maison di profumeria a Parigi, che offre eau de toilette, saponi, preparazioni termali, aceti aromatici, creme e pomate di ogni tipo.

    Nell’Ottocento una scoperta rivoluziona il mondo dei profumi: la sintesi dell’urea, ottenuta da Friedrich Wöhler nel 1828. Questa scoperta dà l’avvio alla chimica organica, contribuendo all’evoluzione della profumeria attraverso l’utilizzo degli aldeidi.
    Quest’ultimi sono degli elementi sintetici che aumentano all’infinito la possibilità di disporre di diverse profumazioni. Componenti naturali e prodotti di sintesi sono poi uniti a sostanze chiamate fissatori, che hanno il compito di “ancorare” il profumo alla pelle. I fissatori hanno caratteristiche particolari, tra cui quelle di essere poco volatili, incolori, solubili nell’alcol e negli oli essenziali.

    Nasce così la profumeria moderna. Poco a poco compaiono prodotti di sintesi di alta qualità, con prezzi accessibili e con note inedite nelle composizioni. Il primo profumo famoso che utilizza prodotti di sintesi è Flomary, commercializzato agli inizi del 1900. Ma la vera affermazione arriverà nel 1921 con la creazione, da parte di Ernest Beaux, del famosissimo profumo Chanel N.5.

    Sempre nell’Ottocento, precisamente nel 1865, il profumiere londinese Eugene Rimmel (colui che ideò un sistema per rendere ancora più affascinanti gli occhi delle donne con uno spazzolino per le ciglia intinto nel carboncino), divide gli aromi in diciotto gruppi allo scopo di facilitare la classificazione degli odori.
    Nasce così il concetto di sottofamiglia, dividendo i profumi in base alla loro persistenza e alla nota dominante (quest’ultima permette di classificare la fragranza all’interno di una famiglia).

    L’intuizione di Rimmel sarà ripresa negli anni Venti del Novecento da un altro profumiere, René Cerbelaud, che elaborò uno schema con quarantacinque gruppi, individuando anche collegamenti tra un gruppo e l’altro.

    Più recentemente, nel 1960, Steffen Arctander realizzò una classificazione comprendente ottantotto gruppi, dividendo le materie aromatiche naturali secondo l’odore, il tipo e il possibile uso.

    L’euforia per la moda dei profumi subì una breve interruzione con crac del ’29 e poi con lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

    Negli anni Cinquanta il profumo ritorna ad essere arma di seduzione. Il mercato è inondato da migliaia di nuove fragranze profumate. Nelle profumerie compare anche l’eau de toilette per uomini, anche se il profumo maschile resta legato al rito della rasatura.

    La profumeria contemporanea offre oggi lo spettacolo di una vera e propria arte, con la sua profusione d’innovazioni, facendosi interprete delle culture, delle tradizioni e delle mode olfattive di ogni parte del mondo.

    I segreti nella scelta del profumo

    Non sempre si conoscono i segreti per scegliere una fragranza o per utilizzare al meglio il profumo come arma di seduzione.

    Nella scelta di una fragranza sono molto importanti alcune caratteristiche: bisogna considerare il metabolismo di chi lo porta, l’ora del giorno in cui si utilizza e per le donne, il periodo del mese, in quanto a seconda dell’acidità della pelle, lo stesso profumo su persone diverse può cambiare fino a diventare irriconoscibile.

    Per accentuare una fragranza, importante è soprattutto il calore: ecco perché si consiglia di applicarla sulla parte interna del polso, ai lobi delle orecchie, sulla nuca, alle tempie, fra i seni, nell’incavo del braccio e delle ginocchia, zone in cui il sangue arriva più in superficie e quindi più calde.

    Occorre sapere anche che i profumi svolgono un’influenza positiva sul nostro umore e possono avere una funzione terapeutica in quanto alcune essenze esplicano effetti antidepressivi e stimolanti (tra queste il bergamotto, il limone, il pino, la lavanda, la menta, il basilico, the verde) o sedativi (tra cui la camomilla, la rosa, il geranio, aloe).

    E’ stato dimostrato, inoltre, che i due sessi subiscono l’attrazione più col naso che con gli occhi. Lo stimolo visivo è un impulso possente, ma solo nella fase iniziale.

    Infatti, poi, è messo alla prova dalle narici: quello che prima attirava la vista, può divenire oggetto di repulsione attraverso l’odore. L’attrazione sembrerebbe infatti essere conferita da alcuni geni che si trovano sul braccio corto del cromosoma 6 e che sono responsabili dell’odore personale. L’odore corporeo tuttavia si modifica nel corso degli anni, raggiunge il massimo della particolarità nell’età della pubertà.

    Un odore esercita attrazione per alcune persone e repulsione per altre; gli odori influenzano le nostre relazioni, ci scoraggiano o al contrario ci lanciano verso una direzione piuttosto che un’altra. Basta pensare a quanto gli odori sgradevoli ci fanno cambiare idea su una persona, a quanto la nostra tensione erotica si affievolisce o peggio svanisce in presenza di olezzi non graditi.

    È proprio su questo che le case di cosmetici e profumi fanno leva: non producono tanto ciò che è piacevole quanto ciò che eccita, attrae e aiuta.

    Partendo da queste considerazioni, nel 2003, un team scientifico statunitense, diretto dal ricercatore Adam Anderson, utilizzando la risonanza magnetica, ha scoperto che c’è una diversità tra il piacere determinato da un profumo e la sua intensità: si è appurato che la corteccia orbitofrontale, la meta finale dove i segnali olfattivi diventano consapevoli, presiede al fatto che un’essenza sia di proprio gusto o meno, mentre l’amigdala (il piccolo nucleo del cervello umano deputato all’elaborazioni delle esperienze emotive trascorse) avverte l’intensità dello stimolo e si attiva indipendentemente dalla sua gradevolezza.

    In più, una fragranza piace a dispetto di altre, perché la risposta olfattiva è quasi sempre filtrata dalla memoria delle esperienze precedenti. Dipende, quindi, da quali esperienze ricordano e dal tipo di associazione che in passato ha legato quel particolare suggerimento olfattivo ad un episodio significativo.
    Per esempio un abbandono affettivo può dar luogo ad un profondo malessere se nell’aria si avverte il profumo preferito dall’ex partner.

    Come creare un profumo

    Si è compreso che la creazione di un profumo è un’arte vera e propria, accostabile a quelle più classiche.
    Non si tratta di una miscela di fragranze chimicamente composte, ma il profumo è creato all’origine da un artista che cerca di esprimere e far provare agli altri un’emozione personale.

    La creazione di un profumo dipende, come tutte le opere artistiche, dall’immaginazione creativa del suo compositore. Egli è spesso chiamato familiarmente “naso”; in realtà lavora soprattutto con il cervello che gli fa ricordare e riconoscere fino a 3500 odori diversi.

    Ecco che cos’ha scritto uno dei grandi creatori attuali: “un compositore sente in anticipo il profumo che non c’è ancora, e che si propone di creare”.
    Egli parte quindi dall’idea, come un pittore parte da una visione prima di prendere pennelli e colori per creare un quadro. Quest’idea è spesso il ricordo di un odore straordinario che ha sentito un giorno e che gli ha fatto provare un’emozione. Il compositore cerca dunque, e questa è la cosa più difficile, di tradurre quest’idea, questo ricordo, questa emozione in quello che diventerà un profumo. Ma prima di arrivare, quanta pazienza, quanti tentativi, quanti abbozzi abbandonati. Occorrono migliaia di prove successive prima di arrivare alla formula definitiva. Per questo, la creazione di un profumo richiede, oltre all’ispirazione, anni di ricerca e di messe a punto.

    Le materie prime

    Le materie prime di origine vegetale provengono dal mondo intero, spesso sono rare o difficili da raccogliere e , per questo, sempre più costose.

    Fiori

    Gelsomino: la maggior parte dei grandi profumi contengono del gelsomino. Sono necessari 600 Kg di fiori di gelsomino, vale a dire 5 milioni di fiori , colti uno ad uno di primo mattino, per fare 1 Kg. di assoluta di gelsomino.

    Rosa: bisogna distinguere la rosa di Bulgaria e la rosa di maggio. Unendole si ottiene il profumo di rosa più soave.

    Fiore d’arancio: l’essenza si chiama neroli.

    Lavanda: dà una nota fresca e tonificante.

    Tuberosa: il profumo ricorda quello del giglio.

    Ylang-ylang: il nome significa “fiore dei fiori”.

    Garofano: dà una nota leggermente speziata.

    Geranio: sentore rosato verde,leggermente ambrato e molto persistente.

    Erbe Aromatiche

    – Timo
    – Rosmarino
    – Menta
    – Artemisia

    Spezie

    – Cardamomo
    – Zenzero
    – Chiodo di garofano
    – Peperoncino
    – Noce moscata

    Agrumi (danno le note dette “esperidee” che si riferiscono a tutti gli odori tratti dagli agrumi).

    – Limone
    – Bergamotto
    – Arancio
    – Mandarino
    – Cedro

    Radici

    – Vetiver di Giava, dà una nota erbacea, fine e vigorosa.
    – Iris

    Semi

    – Fava Tonka
    – Coriandolo
    – Anice
    – Ambretta
    – Vaniglia, estratta dal baccello di vaniglia.

    Legni e cortecce

    – Sandalo
    – Cedro
    – Cannella
    – Scorza di betulla (usata per la nota “cuoio”)
    – Legno di rosa

    Foglie

    – Patchouli (usato nelle note di fondo)
    – Petit Grain (proveniente dalle foglie dell’arancio amaro, note molto fresche e piacevoli)

    Muschi

    – Muschio di quercia della Jugoslavia, alla base di tutte le composizioni “chyprées” (accordi complessi costituiti da muschio di albero), odore fresco e verde.

    Resine (all’origine delle note balsamiche)

    – Ladano
    – Galbano
    – Benzoino
    – Opoponaco
    – Mirra

    Le tecniche di estrazione

    Dagli oli profumati derivati dalla macerazione dei fiori in olio d’oliva alle tecniche moderne di estrazione usate oggi, l’industria delle essenze naturali ha fatto dei progressi considerevoli, anche se limitati dalla fragilità delle materie prime utilizzate.

    Quattro diversi metodi di estrazione:

    MACERAZIONE A FREDDO O ENFLEURAGE

    1^ fase – Collocazione dei petali di rosa su lastre di vetro spalmate di grasso da 24 a 72 ore.
    2^ fase – Ripetizione dell’operazione per diverse settimane.
    3^ fase – Grasso saturo di olio odoroso.
    4^ fase – Riscaldamento dell’olio.
    5^ fase – Lavaggio con alcol
    6^ fase – Olio essenziale.

    L’enfleurage, oggi, è usato soltanto per il gelsomino e la tuberosa. Anche se con questo metodo si ottiene il doppio della quantità d’olio essenziale rispetto alla semplice estrazione, è molto costoso ed occorrono migliaia di lastre per ottenere soltanto qualche centinaio di grammi d’essenza.

    DISTILLAZIONI

    1^ fase – Produzione di vapore che passa attraverso la materia.
    2^ fase – Il vapore si carica di oli essenziali.
    3^ fase – Passa in un collo di cigno.
    4^ fase – Passa nel condensatore.
    5^ fase – Gli oli essenziali, più leggeri, vengono separati dalle acque aromatiche, più pesanti.

    Le acque aromatiche sono utilizzate in profumeria, per esempio, per la produzione di tonici; è il caso dell’acqua di rose o dell’acqua di fiori d’arancio.

    ESTRAZIONE CON IL METODO DEI SOLVENTI VOLATILI

    Metodo scoperto da Louis Roure e presentato all’ Esposizione Universale di Vienna del 1873.

    1^ fase – Un solvente assorbe gli elementi aromatici.
    2^ fase – Si ottiene una cera chiamata “concreta”, unione di oli essenziali e cere.
    3^ fase – Si passa la concreta nell’alcol per eliminare la cera.
    4^ fase – Si passa nel refrigeratore per rapprendere la cera.
    5^ fase – Si filtra e si ottiene l’alcolato.
    6^ fase – Distillazione dell’alcolato.
    7^ fase – Assoluta.

    SPREMITURA

    E’ un metodo usato per estrarre olio essenziale dagli agrumi quali limone, arancio, arancio amaro, mandarino ecc…
    In passato veniva effettuato manualmente, oggi l’operazione è meccanica e viene utilizzata sia per le scorze che per il frutto intero.
    La scorza viene pressata per ricavarne delle gocce d’olio. Il frutto intero è “grattato”. Il frutto è pressato (o inciso leggermente) senza essere deformato.
    In ogni caso si ottiene un olio essenziale.

    Le note del profumo

  • NOTE DI TESTA
  • Il profumo esplode con le note di testa che devono attirare l’attenzione. Emanano un profumo leggero ed effimero. Sono spesso note esperidee (limone, bergamotto, mandarino, arancio), o erbacee (salvia, rosmarino, lavanda). Si sviluppano e si arricchiscono gradualmente unendosi alle note di cuore che sono le note dominanti del profumo.

  • NOTE DI CUORE
  • Hanno più tenuta delle note di testa. La loro fragranza ha bisogno di tempo per svilupparsi. Le note di cuore danno carattere al profumo. Sono generalmente fiorite (rosa, garofano, gelsomino, ylang-ylang, tuberosa, mughetto) o speziate (chiodo di garofano, cannella, coriandolo, noce moscata).

  • NOTE DI FONDO
  • Le note di fondo intensificano il carattere del profumo e gli danno tenuta. Queste note hanno bisogno di più tempo per svilupparsi, ma durano più a lungo delle altre. Si sentono quasi impercettibilmente attraverso le note di testa, sostengono e prolungano le note di cuore. Controllano le diverse velocità di evaporazione delle note di testa e delle note di cuore. Sono spesso note balsamiche (opoponaco, benzoino, labdano, galbano, mirra) o boisée (legno di cedro, patchouli, vétiver, sandalo). La persona che respira un profumo deve essere in grado di indovinarlo fin dall’inizio e prevedere lo sviluppo futuro, deve “seguire la nota” senza preoccuparsi della sua fugacità e se non la riconosce più nel giro di qualche ora.

    Forme e profumi

    Contenuto e forma, nel caso delle fragranze, sono due elementi indivisibili: si compenetrano, si supportano , si potenziano a vicenda. Per questo la storia del profumo può essere letta anche come storia dei flaconi.

    Al vetro spetta il ruolo primario ma, prima che venisse scoperta la tecnica della soffiatura ( I secolo A.C.), in realtà numerosi altri materiali sono stati utilizzati da abili artigiani per racchiudere le essenze preziose.

    Nell’antico Egitto, per esempio, oltre alla pasta vitrea, venivano impiegati anche diorite ed alabastro.

    In Grecia invece, predominavano la ceramica e la terracotta dipinta.

    Ma è proprio con la soffiatura, secondo Plinio dovuta ai Fenici, che si aprono nuove possibilità di lavorazione.

    Sappiamo che nella Roma di Augusto circolavano pregiati unguentari e balsamari di produzione fenicia, poi soppiantati da quelli locali che sfruttavano la sabbia alle foci del Volturno.

    Tra le innovazioni dell’Europa medioevale, vanno segnalati i “pomander”, ovvero piccoli globi contenenti sostanze profumate solide come l’ambra ed il muschio, realizzati anche in filigrana d’argento e d’oro.

    Con il passare dei secoli, questi oggetti sono stati impreziositi da decorazioni a sbalzo, a cesello o smaltate.

    A partire dal XVII secolo, l’abilità degli artigiani venne impiegata nei flaconi.
    Ispirati alla forma della bottiglia di vino e realizzati in materiali preziosi: oltre ad oro ed argento anche vermeil, lapislazzuli, cristallo di rocca, corniola.
    Arrivando a ridosso dei nostri giorni, ancora una volta è d’obbligo fare una tappa in Francia. Nella seconda metà dell’ Ottocento infatti, con lo straordinario sviluppo della profumeria d’oltralpe, anche il vetro venne toccato dalla bacchetta magica della creatività.
    Sono ormai passati alla storia nomi come Emile Gallé, famosissimo per la lavorazione del vetro a cameo, i fratelli Daumm, inventori della “Pate de verre” con cui realizzarono flaconi dai particolari effetti cromatici e luminosi. Baccarat e St.Louis per il cristallo e naturalmente, René Lalique, figura trainante del nostro secolo.

    Preparare un profumo personalizzato con gli oli essenziali

    Per chi è affascinato dall’arte del profumiere, è possibile dedicarsi anche in casa ad un piccolo “fai da te” creativo.
    Bisognerà scegliere gli oli essenziali o essenze di profumo pure e miscelarle secondo il proprio gusto e la propria “immaginazione olfattiva”.
    Le essenze di oli vanno miscelate ad oli vegetali estratti a freddo come quello di mandorle o jojoba, che faranno da vettori. Sono oli che per la loro composizione si prestano ad essere veicolanti del profumo, poiché sono stabili e neutri.

    Si può anche utilizzare una sola essenza alla volta o miscelare più oli insieme con propria fantasia, ma per ottenere una composizione armonica e completa, l’ideale è creare una miscela che contenga le tre note: testa cuore e base.

    Quando si compone un profumo personale è bene cominciare con una nota di base, versandone alcune gocce di una o più essenze nell’olio vettore, si continua poi con le note di cuore per finire con quelle di testa.

    La fragranza ottenuta puo’ venire corretta a piacere, con l’aggiunta di altre essenze per rendere il risultato più gradevole possibile.
    L’importante è sperimentare con calma lasciandosi guidare dal gusto, dall’intuito e dal proprio personale senso olfattivo.

    Alcuni esempi di composizioni di profumi
    Profumo floreale composto da:
    – 5 gocce di olio essenziale di Geranio;
    – 4 gocce di olio essenziale di Lavanda;
    – 3 gocce di olio essenziale di Bergamotto;
    – 1 goccia di olio essenziale di Patchouly;
    – Olio veicolante 250 ml (mandorle o jojoba).

    Profumo fresco composto da:
    – 5 gocce di olio essenziale di Neroli;
    – 4 gocce di olio essenziale di Petitgrain;
    – 3 gocce di olio essenziale di Rosmarino;
    – 1 goccia di olio essenziale di Menta;
    – Olio veicolante 250 ml (mandorle o jojoba).

    Profumo caldo composto da:
    – 6 gocce di olio essenziale di Ylang-Ylang;
    – 8 gocce di olio essenziale di Legno di Rosa;
    – 2 gocce di olio essenziale di Rosa;
    – 2 gocce di olio essenziale di Gelsomino;
    – 6 gocce di olio essenziale di Arancio Dolce;
    – Olio veicolante 250 ml (mandorle o jojoba).

    Approfondimenti su essenze francesi base profumo e oli essenziali.

    BIBLIOGRAFIA
    La scoperta della vanità. Profumi e cosmetici nel mondo antico, di G. Rossi Osmida – Archeo, n. 58, Dicembre 1989
    Aromatica, profumi tra sacro, profano e magico, a cura di S. Pennestrì – Selcom Editoria, Torino, 1995
    Il profumo: storia cultura e tecniche, di L. Villoresi – Ponte Alle Grazie, Milano, 1995
    Les sens du parfum, di R. Guy – Franco Angeli, Milano, 2003
    I poteri dell’odore, di A. Le Guérer – Bollati Boringhieri, Torino, 2004
    L’imperatore del profumo, di C. Burr – Rizzoli, Milano, 2006
    Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo, di B. Munier – Dedalo, Bari, 2006
    La saggezza del creatore di profumo, di M. Maurin – Edizioni della Meridiana, Firenze, 2008
    Opuscoli di Versace Parfums ed YSL Parfums.